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Leggende di Roma: Aldair

Aldair

Anthony Wright ripercorre la storia di uno dei più eleganti difensori della storia della Roma e del giocatore che più di ogni altro straniero ha indossato i colori giallorossi, Aldair

Aldair era un giocatore roccioso, con un sinistro eccezionale, che coniugava un superbo senso dell’anticipo a una tecnica raffinata e ad un’eleganza proprie di un abile centrocampista.

Non era solamente uno straordinario professionista al momento di scendere in campo, tenace ma giusto e silenziosamente efficace nel suo essere leader, ma si rivelava esemplare anche al di fuori del terreno di gioco, comportandosi sempre con estrema classe e cortesia.

Era soprannominato affettuosamente “Alda” oppure “Pluto”, per la sua somiglianza con il personaggio della Disney.

Alcuni hanno paragonato Aldair a Pluto anche per la sua incrollabile fede nei colori giallorossi, così come Pluto era il fedele e silenzioso amico di Topolino. Aldair era infatti un giocatore silenzioso, che ha deciso di restare fedele alla Roma all’apice della sua carriera, quando avrebbe potuto vestire la maglia di qualsiasi squadra europea.

Aldair Nascimento dos Santos nacque il 30 novembre 1965 a Ilheus, nello stato di Bahia, nel nord del Brasile. Sebbene avesse trascorso l’infanzia assieme alla madre, Aldair cominciò a giocare per la squadra del padre all’età di 8 anni prima che, sei anni più tardi, lo stesso padre lo spingesse a fare un provino per il Vasco da Gama. Nonostante fosse preoccupato dall’idea di lasciare casa, Aldair diventò un giocatore del Vasco, ma si accorse presto di provare una tremenda nostalgia di casa, che lo portò, dopo soli quattro mesi, a lasciare Rio de Janeiro.

Pochi mesi dopo gli venne concessa una seconda possibilità, quando lo scout del Flamengo Juarez dos Santos si accorse di lui tra la polvere e lo sporco di Duque de Caxias. Questa volta Aldair non si fece sfuggire l’opportunità e firmò il suo primo contratto da professionista nel 1986, esordendo al Maracanà nel derby contro il Botafogo e scendendo in campo assieme a giocatori del calibro di Bebeto e Jorginho.

Giocò tre stagioni nelle file del Flamengo, collezionando 185 presenze e vincendo un titolo nazionale e uno regionale. Le sue prestazioni non passarono inosservate agli occhi delle squadre europee e fu così che nel 1989 Sven-Goran Eriksson – da poco al timone del Benfica dopo aver lasciato la Roma – lo chiamò per proporgli di raggiungerlo a Lisbona. All’inizio esitò, ma la moglie lo convinse e alla fine Aldair accettò l’offerta di Eriksson.

All’inizio cadde vittima di un infortunio, scendendo nelle gerarchie di squadra, ma terminò comunque la stagione con 33 presenze complessive e partì titolare nella finale di Coppa dei Campioni, persa dal Benfica per 1-0 contro il Milan di Sacchi.

Aldair ebbe subito un impatto positivo alla sua prima stagione in terra portoghese, e alcuni dei più grandi club europei misero subito gli occhi su di lui. Tra i suoi ammiratori c’era anche Dino Viola, presidente della Roma, che, su consiglio di Eriksson, mise sotto contratto il brasiliano per 6 miliardi di lire (fu l’ultimo acquisto di Viola in qualità di presidente della Roma).

Aldair si sistemò da subito al centro della difesa giallorossa e i tifosi si innamorarono velocemente di “Pluto” e del suo modo di interpretare il calcio. Dopo anni passati a veder giocare i classici difensori centrali, i sostenitori della Roma si lasciarono infatti rapire da Aldair e dal suo modo di uscire dalla difesa, con la palla al piede e la testa alta.

Ali di là dello stile di gioco, Aldair si rivelò un difensore incredibilmente dotato, con un eccellente tempismo, un ottimo senso della posizione e un’innata sapienza tattica. Se cercava spesso di uscire dal pericolo con un’intelligente giravolta al limite dell’area, era al tempo stesso in grado di percepire quando la pressione era troppo forte e spazzare di conseguenza in fallo laterale.

Nonostante Aldair venisse regolarmente schierato tra i titolari, i suoi primi anni a Roma non furono dei più facili. Ci volle del tempo per adattarsi al gioco e ai ritmi della Serie A e Aldair cominciò ad avere nostalgia di casa, dovuta in parte anche al suo rapporto non semplice con l’allenatore Ottavio Bianchi. Dopo solo una stagione, Aldair pensava già al ritorno in Brasile.

La sua prima annata in maglia giallorossa si rivelò più che positiva, con la Roma che sconfisse la Sampdoria in finale di Coppa Italia, aggiudicandosi il trofeo per la settima volta nella sua storia. Aldair non sapeva, però, che ci sarebbero voluti altri dieci anni perché la Roma mettesse in bacheca un altro trofeo. Gli anni novanta furono caratterizzati da un andirivieni costante di allenatori. Dopo l’addio di Ottavio Bianchi del 1992, si susseguirono infatti Vujadin Boskov, Carlo Mazzone, Carlos Bianchi, Nils Liedholm e Zdenek Zeman, prima che a prendere le redini della squadra fosse un certo Fabio Capello.

Sebbene i giallorossi faticassero ad essere competitivi in campionato, Aldair brillava a livello internazionale. Dal 1989, anno del suo debutto con la nazionale brasiliana, fino al 2000, Aldair rimase un punto fermo della difesa della Seleçao. Un periodo caratterizzato dalla conquista di numerosi trofei. Innanzitutto la vittoria della Copa America nel 1989, dopo quarant’anni di attesa, nel cui torneo Aldair partì titolare in sei delle sette partite disputate. In nessuna di queste il Brasile subì gol. Nel 1994 la nazionale verdeoro si issò sul tetto del mondo, vincendo il mondiale statunitense, a cui seguì, nel 1996, la conquista della medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di Atlanta. Nel 1997 fu la volta della Confederations Cup e di un’altra Copa America portata a casa dalla Seleçao. L’anno successivo, però, Aldair e il Brasile non riuscirono a bissare il titolo mondiale conquistato quattro anni prima, cadendo in finale contro la Francia.

Nella nuova Roma di Capello, Aldair continuò a dirigere la difesa giallorossa con il suo stile inimitabile, oltre a sfruttare il suo senso della posizione per coprire i suoi compagni di reparto, in particolare il connazionale Cafu, durante la fase offensiva. Se l’attacco della squadra girava attorno a Francesco Totti, è altrettanto vero che il reparto arretrato aveva in Aldair il suo punto di riferimento. Nel 1998, Aldair aveva ricevuto la fascia di capitano da Abel Balbo ma, in occasione della gara contro l’Udinese del 31 ottobre 1999, il brasiliano decise di cederla al ventiduenne Totti. Nonostante la giovane età, Aldair affermò all’epoca di aver compiuto il gesto perché pensava fosse arrivato il momento per Totti di assumersi la responsabilità di guidare la squadra.

La difesa romanista della stagione 2000-01, composta da Aldair, Walter Samuel e Antonio Carlos Zago, fu una delle più forti di sempre. Sfortunatamente, Aldair patì un grave infortunio a metà del percorso, perdendo quindi il finale di stagione, che vide la Roma conquistare il suo terzo Scudetto della sua storia. Il 17 luglio, giorno in cui i giallorossi furono incoronati campioni d’Italia, i compagni nello spogliatoio cantavano “Aldair, Aldair, Aldair!”. L’infortunio fu l’inizio della fine dell’avventura di Aldair in maglia giallorossa poiché il peso degli anni cominciava a prendere il sopravvento. Capello lo utilizzò sempre meno nei due anni successivi, ma la sua classe rimase sempre intatta, come dimostrato il 30 ottobre 2002.

La Roma si trovò di fronte i campioni d’Europa in carica del Real Madrid, al Bernabéu, un mese prima del trentasettesimo compleanno di Aldair. La sconfitta avrebbe comportato l’eliminazione della Roma dalla Champions League e tale esito sembrava inevitabile, con la Roma che faticava in campionato e che ora si trovava a fare i conti con i Galacticos di Ronaldo, Luis Figo e Zinedine Zidane. Anche la storia non dava ragione ai giallorossi: il Real Madrid non perdeva infatti contro una squadra italiana tra le mura amiche da 35 anni e, poco tempo prima, la Roma era caduta all’Olimpico nella gara d’andata, chiusasi con il punteggio di 0-3. Al 27’ dell’incontro Totti portò in vantaggio la Roma da distanza ravvicinata. Aldair guidò la difesa con la sua proverbiale tranquillità, mantenendo a distanza i tre Palloni d’Oro e il resto dei Galacticos, in quella che probabilmente fu la sua migliore prestazione in maglia giallorossa, e la Roma espugnò Madrid con il punteggio di 0-1.

La stagione 2002-03 fu l’ultima di Aldair con la maglia della Roma e la sua ultima presenza, la numero 436 con i colori giallorossi, ebbe luogo il 24 maggio 2003, in una gara interna contro l’Atalanta. Una gara priva di significato; l’Atalanta era già retrocessa nonostante la vittoria per 2-1 e la Roma era ancorata all’ottavo posto in graduatoria. Ma fu l’occasione per Pluto e i sostenitori giallorossi di salutarsi un’ultima volta, con un giro di campo accolto dai fragorosi applausi dello stadio, conditi dalle lacrime dei tifosi e dello stesso giocatore.

Il 2 giugno 2003 allo Stadio Olimpico venne celebrato l’”Aldair Day”, durante il quale un undici della Roma affrontò un undici brasiliano, di fronte a più di 40.000 spettatori. Dopo alcune iniziali contestazioni, dovute alla deludente stagione giallorossa, Aldair si prese la scena e assieme ai suoi amici, ai compagni di allora e del passato, disputò una partita conclusasi sul punteggio di 3-3. Fu una gara emozionante, in particolare quando Aldair trasformò un calcio di rigore e fu portato in trionfo sia dai compagni giallorossi che da quelli verdeoro.

Poi ci fu ancora spazio per le lacrime, quando Pluto terminò il giro d’onore andando ad abbracciare i suoi figli al centro del campo. “Sono davvero emozionato. Sarete sempre nel mio cuore, forza Roma!” disse, laconico come sempre, mentre la la Curva Sud esponeva una serie di striscioni per ringraziare il difensore, tra i quali spiccavano “È stato facile volerti bene, sarà difficile stare senza di te” e “13 onorati anni, grazie Pluto”.

Al termine della partita, la sua maglia numero 6 fu consegnata al presidente Franco Sensi che, su richiesta dei tifosi, la ritirò. Fino al 2013 quando, su richiesta di Aldair, fu resa nuovamente disponibile per il nuovo acquisto Kevin Strootman. “Sarebbe bello poter rivedere la numero 6 in campo, in particolare per quei giovani che non hanno mai avuto l’occasione di vederla”, disse all’epoca a Roma Channel.

Giocatori, dirigenti, allenatori e persino presidenti si sono alternati durante tutti gli anni novanta ma Aldair è rimasto sempre là, nel cuore della difesa giallorossa. Una volta è stato chiesto a Francesco Totti di descrivere Aldair in due parole e il capitano rispose: “Due parole non sono sufficienti, sarebbero troppo poche. È parte della storia della Roma ed è così che lo ricorderemo sempre”.

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta su asroma.co.uk